La falda acquifera sotterranea
Oltre a conservare, al fondo delle cisterne, le acque piovane, le popolazioni pugliesi usavano approvvigionarsi direttamente dalla falda acquifera, scavando pozzi che, a seconda della distanza dal mare e della conseguente profondità della falda, andavano da pochi metri fino a circa sessanta.

In casi particolari, laddove a pochi metri di profondità vi sono terreni argillosi impermeabili, le acque meteoriche, infiltratesi sotto il piano di campagna, stazionano al di sopra di questi strati impermeabili creando piccole falde freatiche sospese.

Tale particolarità ci è testimoniata, tra l'altro, da toponimi quali quello di Acquaviva delle Fonti (Ba) o quello della località Pozzovivo, presso Mola di Bari (Ba); è evidente come, in questi luoghi, ci si trovasse in presenza di acque affioranti o poco profonde, data la natura impermeabile dei terreni.

Le trozze

Un particolare tipo di pozzi scavati per raggiungere, anche a grande profondità, la falda acquifera erano le cosiddette trozze, tipiche del Salento.
Lo scavo di una trozza era particolarmente impegnativo poiché, anziché fermarsi alla prima, eventuale, falda sospesa, si proseguiva in profondità, fino al raggiungimento della falda di fondo.
Ciò comportava il protrarsi dei lavori per lunghi mesi.
Ovviamente, per scegliere il punto ove effettuare lo scavo, occorreva essere ragionevolmente certi di intercettare la falda sotterranea.
Per tale ragione, si faceva ricorso ad un rabdomante che, con l'ausilio di un rametto di ulivo a forma di Y, impugnato alle due estremità corte e leggermente incurvato, provvedeva a esplorare il terreno, sino a quando il rametto cominciava misteriosamente a ruotare in senso antiorario. Quello era il segnale, quello era il punto ove scavare: nel sottosuolo scorreva l'acqua.

Il Fonte Pliniano

Uno dei monumenti più noti di Manduria (Ta), importante centro nel triangolo tra le province di Taranto, Brindisi e Lecce noto, soprattutto, per le sue Mura Megalitiche messapiche, è il cosiddetto Fonte Pliniano.

Il luogo sembrerebbe corrispondere a quel lacus nei pressi di Manduria citato, proprio, da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (I sec. d.C.), per la sua insolita caratteristica di mantenere sempre costante il livello delle acque.

La fonte, probabilmente dedicata a qualche divinità delle acque, si trova al fondo di una grotta naturale ampliata artificialmente, scavando la tenera calcarenite, già in epoca messapica.

Scesi al fondo della grotta per mezzo di un'ampia scalinata di quaranta gradini, ci si trova al centro di un vasto ambiente circolare del diametro di 18 metri ed alto 7 metri.
Al centro della volta, un ampio lucernario si trova in corrispondenza del bacino della fontana, cui l'acqua perviene da varie captazioni tutt'intorno al perimetro della grotta, il cui pavimento si trova al livello della falda acquifera, per poi giungere a un pozzetto di raccolta adiacente alla vasca.
In realtà, Plinio, nel descrivere la fonte di Manduria, la colloca non all'interno, ma nei pressi della città; per tale ragione, alcuni studiosi locali hanno ipotizzato che lo storico si sia riferito a un altro ipogeo, con caratteristiche simili, esistente nel territorio.

Si è a conoscenza, infatti, di altri quattro ipogei simili collocati, per lo più, a ridosso del circuito delle mura; uno di essi, incorporato all'interno della cappella della Misericordia, si trova ad oltre dieci metri di profondità.

Le Norie

Nelle campagne di Mola di Bari (Ba) sopravvivono, ancora numerose, le norie, dette in dialetto 'ngiégne, ingegni. Si trattava di congegni utilizzati un tempo per attingere acqua dalla falda sotterranea, appena pochi metri sotto il piano di campagna, prima che, giungendo al mare, vengano generate le sorgenti di acqua salmastra dette acque di Cristo.

Il funzionamento delle norie avveniva grazie alla fatica di un asino o di un cavallo che, bendati, giravano in circolo legati a una sorta di ruota dentata; questa, a sua volta, trasmetteva il movimento a una seconda, disposta perpendicolarmente alla prima, azionando così la trasmissione a una catena di secchi. L'acqua veniva, così, pescata nel pozzo e versata in una vasca di raccolta, pronta per irrigare i terreni disposti lungo la fascia costiera.

L'introduzione di questa geniale tecnica di sollevamento delle acque dalla falda sotterranea si deve, probabilmente, agli arabi: noria è, infatti, un termine spagnolo d'origine araba.

La Provincia di Bari non è l'unica ad essere interessata dalla presenza di norie; congegni simili si segnalano anche nel territorio di Nardò (Le), precisamente, in corrispondenza della località 'Ngegna.

Da notare, infine, la somiglianza tra i termini ngiégne, usato a Mola di Bari (Ba), con 'Ngegna di Nardò (Le) e lu scegnu di Manduria (Ta), sostantivi associabili, tutti, a genio, ingegno e congegno.
Crediti
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