Gli antichi acquedotti
Fin dall'antichità, per le popolazioni della Puglia la carenza idrica ha rappresentato un grave problema.
Da sempre, l'assenza di fiumi e sorgenti, la scarsità di precipitazioni e la naturale permeabilità dei terreni hanno indotto i locali a realizzare opere in sotterraneo per la raccolta e la conservazione delle acque.
Ma, naturalmente, ciò non era sufficiente: bisognava anche portare l'acqua lì dove occorreva, nei piccoli e grandi centri urbani.
Nella realizzazione degli acquedotti, prevalentemente sotterranei, si dovettero risolvere problemi tecnici quali la captazione, le pendenze, l'immagazzinamento, la distribuzione.

Alcuni di questi acquedotti, testimoni dell'ingegnosa operosità delle popolazioni pugliesi, sono rimasti in funzione fino a non molti anni fa.
La costruzione, all'inizio del 1900, del grande Acquedotto Pugliese, ha fatto sì che cadessero nell'oblio i numerosi acquedotti scavati, con gran fatica, a partire dal periodo greco-romano.

In questi ultimi anni sono stati oggetto di studio alcuni antichi acquedotti pugliesi.

L'Acquedotto del Triglio, ad esempio, capta le acque di sei sorgenti (Boccaladrona, Lazzarola, Rosamarina, Alezza, Miola e Monte Specchia) e, dopo un percorso di circa 18 chilometri nei comuni di Crispiano, Statte e Taranto, raggiunge la fontana della Gran Piazza di Taranto.
Alcuni studiosi fanno risalire la costruzione dell'acquedotto all'epoca greco-romana; altri, al periodo della dominazione araba (IX secolo d.C.).
L'acquedotto è stato solo parzialmente esplorato, in quanto il condotto risulta interrotto, a causa di frane, in più punti.

L'Acquedotto delle Acque Ninfali parte nei pressi di Leporano (Ta) e giunge al centro della città di Taranto attraverso un percorso di circa 12 chilometri, metà del quale in sotterraneo. L'acquedotto - d'epoca romana, come accertato dal rinvenimento di iscrizioni dell'epoca - interseca un breve tratto di un più antico acquedotto greco.
Purtroppo, è in cattivo stato di conservazione a causa della dilagante antropizzazione dell'area.

La costruzione dell'Acquedotto Fontana Sant'Angelo, datato 1743 è opera della famiglia Orsini, ma alcuni indizi suggeriscono un'origine ancora ben più antica.
Dopo un percorso sotterraneo di quasi 3,5 chilometri, attraversata la gravina in prossimità della chiesa della Madonna della Stella, l'acquedotto conduce le acque sino alla città di Gravina in Puglia (Ba).
L'ipogeo, completamente esplorato e documentato, si trova in buono stato di conservazione e, fino a pochi anni fa, era ancora utilizzato dai contadini della zona.
Esso è stato completamente esplorato e rilevato dal Gruppo Puglia Grotte di Castellana-Grotte (Ba).

Di origine romana è l'Acquedotto di Canosa; di esso si conosce con sicurezza la sorgente nelle vicinanze di Venosa (Pz) ed alcuni terminali; si sviluppa, poi, sulla destra idrografica del fiume Ofanto e la sua lunghezza dovrebbe aggirarsi sui 30-35 chilometri.
E' stato esplorato solo per brevi tratti: sono almeno una ventina i punti di accesso noti, per una lunghezza complessiva di circa 700 metri.
Le gallerie sono alte 2 metri e larghe 67 centimetri con volte a sesto acuto ribassato e con copertura a cappuccina.

Al vaglio bibliografico risultano numerosi acquedotti pugliesi non ancora oggetto d'indagine da parte della ricerca speleologica; ecco i principali:

- Provincia di Foggia: Lucera, Torremaggiore;
- Provincia di Bari: Rutigliano;
- Provincia di Brindisi: Oria, Brindisi, Ostuni;
- Provincia di Taranto: Castellaneta, Manduria, Massacra, Leporano;
- Provincia di Lecce: Gallipoli, Tricase, Otranto
Crediti
Testi Vincenzo Manghisi
Immagini Mario Parise
Giuseppe Savino
Progetto e produzione Gruppo Puglia Grotte
Coordinamento editoriale Daniela Lovece
Coordinamento grafico Pino Pace
Coordinamento alla produzione Giuseppe Savino

© Gruppo Puglia Grotte